Johan Heinrich Pestalozzi

Johan Heinrich Pestalozzi è nato nel 1746 a Zurigo, nel periodo tra l’illuminismo e il romanticismo. Rimase orfano di padre quando era molto piccolo, fu quindi cresciuto dalla madre, dalla domestica e dal nonno paterno. Conobbe Anna Schutthes con la quale, dopo averla sposata, fondò la prima impresa educativa. L’impresa agricola di Neuhof, avviata nel 1769, era un istituto per ragazzi poveri e forniva un’istruzione di base e preparava al mondo del lavoro. A Neuhof però, utilizzò metodi di insegnamento tradizionali, quindi lettura, scrittura e l’apprendimento di un mestiere. Negli anni successivi sviluppò una teoria personale sull’educazione che si basava sul pensiero di Reusseau, ma contemporaneamente lo superava. Pestalozzi chiamò il suo unico figlio Hans-Jakob, dopo aver letto “L’Emilio”, e lo crebbe con amore e attenzione. Per educarlo utilizzò il metodo di Reusseau e per cinque anni si segnò i progressi insieme alla moglie. Purtroppo, il figlio soffriva di epilessia e aveva deficit cognitivi, infatti a undici anni non sapeva ancore né leggere né scrivere. A tredici anni andò a scuola e poi si sposò, ma morì a trent’anni. Dal 1805 al 1824 si dedicò all’istituto di Yverdon, e questo costituì la sua esperienza scolastica meglio riuscita. Pestalozzi morì nel 1827, poco dopo la chiusura della sua scuola.

 

L’opera più famosa venne pubblicata tra il 1781 e il 1785 e venne intitolata “Leonardo e Gertrude”, in quattro volumi. È basata su “L’Emilio”, infatti non è un trattato di pedagogia, ma un romanzo pedagogico; si distanzia però da Reusseau perché non riguarda solo un bambino, ma un gruppo. Il romanzo racconta di un villaggio governato da un podestà opprimente e dispotico. Il protagonista è Leonardo che per affrontare i soprusi si abbandona al vino e all’ozio. Gertrude, sua moglie, lo salva insieme al pastore e al signore feudale. Il podestà viene cacciato e arriva nel villaggio un maestro saggio che riporta l’ordine e la pace. Ogni personaggio dell’opera rappresenta qualcosa, il podestà l’autorità oppressiva, Leonardo la debolezza umana, Gertrude e il maestro hanno una funzione educativa. Il feudatario, infine, rappresenta il potere politico che si occupa dei cittadini. Con questo romanzo pedagogico si intuisce l’approvazione di Pestalozzi al dispotismo illuminato. 
 Il pedagogista aveva una concezione romantica del ruolo della madre nell’educazione dei figli. Infatti, esaltava i sentimenti, la dolcezza e la tenerezza, caratteristiche che prima erano quasi disprezzate. Alla figura materna, Pestalozzi dedicò molte opere, tra cui “Come Gertrude educa i suoi figli”, del 1801, “Il libro delle madri” dello stesso anno e “Madre e figlio”, scritto tra il 1818 e il 1819. Con le sue idee innovative venne rinnovata la scala dei valori e il modello femminile venne considerato come prettamente educativo. Secondo Pestalozzi anche le figure maschili, come il padre o il maestro, dovevano avere un atteggiamento affettuoso nei confronti dei bambini. In più, riteneva molto importante l’allattamento da parte della madre, piuttosto che da una balia, e l’attaccamento materno per un sano sviluppo del bambino. Un comportamento simile, però, nelle altre scuole dell’epoca era impensabile. Secondo Pestalozzi, una relazione solida con la madre garantiva un punto fermo per i bambini, con l’amore materno i figli avevano sempre la certezza di poter contare su qualcuno. Questo genere di educazione trasmetteva al bambino il senso morale e la capacità di aiutare gli altri della madre. Più precisamente non bisognava insegnare solo attraverso obblighi e punizioni, ma con l’esempio. Gli orfani o i bambini abbandonati soffrivano, quindi, di una carenza affettiva che poteva provocare dei disagi nell’età adulta. Anche per questo motivo, Pestalozzi era contrario ai brefotrofi perché erano luoghi dove c’era solo assistenza e non il calore materno. Le madri avevano bisogno di strutture dove potessero essere tutelate, accolte e protette sia durante la gravidanza che nei primi mesi dopo il parto e che poi fossero aiutate a trovare un lavoro. Non dovevano essere costrette ad abbandonare i propri figli e non dovevano essere punite. 
Il pensiero di Pestalozzi era molto moderno per l’epoca, infatti credeva anche le madri analfabete dovessero andare a scuola per poter educare al meglio i propri figli. Il pedagogista si dedicò per tutta la vita all’educazione del popolo, in particolare ai ceti più poveri. Pestalozzi credeva che alla nascita gli uomini non avessero morale, ma solo la capacità di acquisirla. Se lo stato morale si forma all’interno dell’uomo, allora la moralità è una conquista, anche se è difficile raggiungerla. La moralità è posizionata al di sopra della naturalità, cioè l’istinto, e la socialità, quando l’uomo persegue il bene suo e della maggioranza. 
Per Pestalozzi, l’obiettivo dell’educazione è il raggiungimento della perfezione etica. Lo stato morale è inteso come una piramide in cui nel primo gradino stanno i sentimenti, nel secondo l’obbedienza, poi la riflessione critica. Con la riflessione critica il bambino intuisce il bene (con il cuore), lo compie (con la mano) e dopo lo comprende pienamente (con la mente). L’uomo è caratterizzato dalla mente, dal cuore e dalla mano, cioè l’intelligenza, la volontà e le capacità manuali e tutte queste facoltà vanno educate contemporaneamente. L’idea che tutti i bambini andassero educati, anche quelli poveri o di classi sociali inferiori, era un pensiero rivoluzionario per quel periodo. Per Pestalozzi non bastava insegnare un mestiere, ma ognuno doveva sviluppare le proprie capacità cognitive, non tenendo conto della classe sociale. Infatti, se si impara a ragionare e si ha una mente aperta ci si può inserire con più facilità all’interno della società.
Nell’anno 1805 Pestalozzi istituì la sua scuola più famosa: Yverdon, che durò fino al 1825. Nella sua scuola mise in atto una forma di coeducazione, in cui allievi poveri, benestanti e ricchi venivano educati insieme. Oltre all’importanza che attribuiva allo studio e ai sentimenti si dedicò anche agli sport, come il nuoto o la ginnastica. Le giornate scolastiche si alternavano tra momenti di studio caratterizzate da alcune regole da rispettare e momenti di svago e gioco. Con questa educazione raggiunse una fama a livello europeo. Infatti, a Yverdon venivano mandati bambini anche dalla Germania e dalla Francia, a testimoniare la sua celebrità. Nonostante la notorietà, l’istituto entro in crisi a causa di critiche negative di altri pedagogisti, problemi finanziari e contrasti interni, tanto che venne chiuso nel 1825. Dopo la morte della moglie e la chiusura della scuola, tornò a Neuhof e tentò di riaprire una scuola con il nipote. Le idee di Pestalozzi si diffusero in tutta l’Europa e anche in America e conobbe numerosi altri pedagogisti, tra cui Herbart. In Italia si espanse soprattutto in Lombardia e in Toscana.

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