La Rivoluzione francese mise fine all’Antico Regime, al modo tradizionale di intendere la società e la politica. Uno degli elementi che sancirono il distacco dal passato fu il fatto che i governi cominciarono a sancire per la prima volta tra i diritti dell’uomo anche delle prerogative dell’infanzia, che vennero considerate inalienabili. Così anche in Francia si fondò un’idea di educazione popolare.
Con la Rivoluzione francese venne introdotta una nuova concezione di cittadino e di Stato, di uomo come soggetto portatore di diritti. Venne proclamata l’istruzione obbligatoria per tutti, quindi il diritto all’istruzione. Il modello educativo che si formò in Francia divenne un punto di riferimento per tutti gli altri paesi.
Durante la Rivoluzione il bambino fu idealizzato, era il simbolo della purezza, dell’innocenza, della forza della Rivoluzione. Divenne la metafora dell’uomo nuovo, non corrotto dal passato. Questa idealizzazione fu un elemento centrale della filosofia della Rivoluzione. Il lavoro manuale e la fatica fisica erano concepiti come mezzi molto efficaci per fortificare la volontà, infatti il bambino facendo lavori faticosi sarebbe diventato un ottimo soldato. È proprio per questo che ai giovani venivano imposti esercizi fisici, ginnici e militari. Anche il modo di intendere l’assistenza all’infanzia cambiò, all’inizio si presero in considerazione i bambini abbandonati alla nascita nei brefotrofi, poi si cominciò a riconsiderare la pedagogia di Pestalozzi e l’importanza del legame affettivo tra madre e figlio. Siccome gli orfani non conoscevano l’idea di dovere e rischiavano di diventare cittadini inutili, era meglio inserirli in una famiglia nuova. Si pensava che solamente l’educazione familiare potesse garantire un’adeguata formazione morale, quindi bisognava prevenire l’abbandono e aiutare le famiglie povere. Il 18 agosto 1792 venne promulgata la legge sull’adozione, ma in pochi furono disposti ad adottare bambini abbandonati.
Era lo stato ad avere il compito di provvedere agli orfani e agli esposti, e doveva tutelarli. In questo modo a tutti i bambini era garantita l’uguaglianza dei diritti, gli orfani non vennero più considerati come colpevoli di qualche peccato religioso, ma erano semplicemente figli della patria. L’infanzia, che a lungo era stata considerata come l’età della debolezza fisica e del non sapere, diventò modello di virtù morale e di coraggio militare. Da quando erano bambini i francesi dovevano imparare a diventare dei cittadini-soldati, questo era un progetto pedagogico utopico e totalitario e lo scopo era quello di introdurre le masse ai valori repubblicani. Si arrivò al punto di pensare che i figli appartenessero prima allo stato che alla famiglia, ma questa concezione poteva rischiare di diventare un assoggettamento dei figli.
Il 17 marzo 1808 si proclamò la legge che fondò l’Università Imperiale, costituita da Accademie che controllavano le facoltà, i licei, i collegi, gli istituti e le scuole elementari. Il sistema scolastico era vigilato da un “grand maître”, le Accademie erano governate da un rettore e gli impiegati dei licei, tranne i professori, avevano una vita celibe. Anche se fallì, il progetto di Napoleone prevedeva di rendere ancora più centralizzato e gerarchico il sistema scolastico. I suoi obiettivi erano controllare i contenuti dell’insegnamento e garantire la sopravvivenza delle scuole pubbliche e private.
Durante la Rivoluzione il bambino fu idealizzato, era il simbolo della purezza, dell’innocenza, della forza della Rivoluzione. Divenne la metafora dell’uomo nuovo, non corrotto dal passato. Questa idealizzazione fu un elemento centrale della filosofia della Rivoluzione. Il lavoro manuale e la fatica fisica erano concepiti come mezzi molto efficaci per fortificare la volontà, infatti il bambino facendo lavori faticosi sarebbe diventato un ottimo soldato. È proprio per questo che ai giovani venivano imposti esercizi fisici, ginnici e militari. Anche il modo di intendere l’assistenza all’infanzia cambiò, all’inizio si presero in considerazione i bambini abbandonati alla nascita nei brefotrofi, poi si cominciò a riconsiderare la pedagogia di Pestalozzi e l’importanza del legame affettivo tra madre e figlio. Siccome gli orfani non conoscevano l’idea di dovere e rischiavano di diventare cittadini inutili, era meglio inserirli in una famiglia nuova. Si pensava che solamente l’educazione familiare potesse garantire un’adeguata formazione morale, quindi bisognava prevenire l’abbandono e aiutare le famiglie povere. Il 18 agosto 1792 venne promulgata la legge sull’adozione, ma in pochi furono disposti ad adottare bambini abbandonati.
L’impero Napoleonico organizzò un sistema scolastico laico e statale con un sistema di istruzione molto articolato e innovativo. La legge del 1802 con cui Napoleone cambiò le scuole si concentrava solo all’istruzione secondaria e superiore, dato che le altre scuole erano apprezzate e non si sentiva il bisogno di cambiarle. I cambiamenti più evidenti riguardano l’istruzione secondaria, infatti vennero modificati i licei, eredi dei collegi. Per Napoleone i licei erano molto importanti, e in questi si studiavano le scienze esatte, la storia contemporanea, la geografia, lingue classiche e materie umanistiche. Quello che cambiò davvero fu l’organizzazione dei licei e un controllo più rigoroso sulla vita degli studenti.
Il 17 marzo 1808 si proclamò la legge che fondò l’Università Imperiale, costituita da Accademie che controllavano le facoltà, i licei, i collegi, gli istituti e le scuole elementari. Il sistema scolastico era vigilato da un “grand maître”, le Accademie erano governate da un rettore e gli impiegati dei licei, tranne i professori, avevano una vita celibe. Anche se fallì, il progetto di Napoleone prevedeva di rendere ancora più centralizzato e gerarchico il sistema scolastico. I suoi obiettivi erano controllare i contenuti dell’insegnamento e garantire la sopravvivenza delle scuole pubbliche e private.
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