La società post-industriale

 

La società post-industriale

Le trasformazioni della società più recenti non riguardano solo l’organizzazione del lavoro industriale quanto la distribuzione dell’occupazione tra i diversi settori di attività. Al giorno d’oggi c’è un graduale ma allo stesso tempo costante riduzione dell’incidenza che il lavoro in fabbrica ha nella società. Rispetto agli operai ci sono sempre più lavoratori negli uffici, nelle attività di commercio o come professionisti. In più il settore terziario si sta espandendo sempre di più in tutti i Paesi industrializzati, a sfavore dell’industria e dell’agricoltura. Questo fenomeno è detto “terziarizzazione dell’economia panorama generale”.  

Nel mondo occidentale solo una piccola parte della popolazione è impegnata nell’industria e una ancora più piccola nell’agricoltura. La conseguenza di tutto ciò è l’aumento della quantità di lavoratori che trovano lavoro nel settore terziario, dove l’innovazione tecnologica non riduce l’occupazione, ma crea nuove professioni e uove opportunità di lavoro. Per questo le società occidentali odierne vengono definite anche società post-industriali, perché il loro processo di industrializzazione è terminato, lasciando spazio a quello della terziarizzazione. La terziarizzazione ha significato per molti un tenore di vita più elevato rispetto al passato. 


Nell’epoca post-industriale ai lavoratori viene richiesto un atteggiamento flessibile verso l’attività lavorativa, sostituendo le forme di lavoro stabili con forme precarie, ambigue e poco protette sul piano previdenziale. Queste pretese non obbligano le aziende a mantenere per sempre il loro personale, ma non obbligano nemmeno il lavoratore a mantenere per sempre la stessa mansione o occupazione. La flessibilità del lavoro significa anche però un lavoro più precario, con contratti a termine che non garantiscono un futuro certo. Se una volta il lavoro era una fonte di sicurezza economica e psicologica, ora è molto instabile e non da certezze.

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